Il 18 aprile 1906, poco dopo le cinque del mattino, su San Francisco si abbatté un violento terremoto, provocando uno dei più grandi disastri della storia degli Stati Uniti. Tra i danni collaterali della scossa, valutata attorno all’ottavo grado della scala Richter, lo scoppio delle tubature del gas provocò numerosi focolai d’incendio che si estesero a macchia d’olio nella città in buona parte costruita ancora in legno. Ci vollero tre giorni per aver ragione del fuoco. Al termine si contarono tremila morti e trecentomila senza tetto, ovvero i tre quarti della popolazione dell’epoca, costretti a dormire sotto un tetto di stelle in quanto erano stati letteralmente cancellati quattrocento novanta isolati di edifici oltre a quattrocento chilometri di binari tranviari, la spina dorsale delle comunicazioni della città. In mezzo a tanto disastro, tra l’altro, venne polverizzato anche il sistema finanziario: buona parte delle banche della città non era in condizione di operare perché, anche quando gli edifici erano rimasti in piedi, non c’erano più i registri contabili andati in fumo, mentre il denaro era sigillato in casseforti inespugnabili, le cui serrature erano state fuse dal fuoco. Non stupisce perciò che i banchieri della città, che si erano riuniti già il giorno 20, quarantott’ore dopo il sisma, presero la decisione di dichiarare la chiusura degli sportelli per almeno un mese, oltre all’obbligata misura circa la moratoria sui debiti, a cui però non seguì la concessione di un anticipo di contanti per i terremotati. Elemento che vanificò immediatamente gli effetti della moratoria.  

Ci fu però un’eccezione: la Bank of Italy riaprì i battenti già la mattina del 24 aprile, sei giorni soli dopo la tragedia. Per merito del figlio di un immigrato italiano, Peter Amadeo Giannini, all’epoca un banchiere in erba destinato a trasformarsi da quel momento nel “banchiere del popolo”. Giannini poteva fare a meno dei registri contabili perché conosceva di persona i suoi clienti e la loro situazione finanziaria. E così all’ingresso della sede provvisoria, nient’altro che la casa danneggiata del fratello medico nella centrale Van Ness Street, venne issata un’insegna bruciacchiata della Bank of Italy assieme ad un cartello disegnato a mano dallo stesso Giannini che recitava: “Prestiti come prima, più di prima”, lo slogan ribadito sugli annunci a pagamento nei giornali della città. La banca venne immediatamente e letteralmente presa d’assalto sia dai vecchi clienti che da una folla di sinistrati bisognosa di tutto. Tutte le mattine per settimane il banchiere arrivava da Seven Oaks, il sobborgo della città, con cinquemila dollari i contanti che distribuiva a chiunque li chiedesse senza domande, solo annotando nomi e cifre sul registro.

Ma non solo. Dopo pochi giorni di assalto il banchiere matto (difficile definirlo altrimenti) affidò ai suoi collaboratori la gestione della cassa centrale per avventurarsi con un paio di impiegati per le strade del quartiere, quello di North Hill, spingendo un carrettino con una piccola cassa zeppa di monete e di banconote di piccolo taglio.  Il giorno dopo si spinse fino al molo del porto; e di lì la missione del banchiere con il carretto proseguì per gli altri quartieri disastrati, tra gli accampamenti di tende, offrendo prestiti senza interessi ad una clientela di disperati, spesso accontentandosi di una croce, la firma degli analfabeti in arrivo dall’Europa.

Giannini non esitò a far credito anche ai cinesi, i più emarginati nella società dell’epoca. Senza perdere un solo cent: «i documenti attestano che, di tutte le vittime del terremoto e dell’incendio a cui ho prestato denaro neanche una ha mancato di restituirlo» dichiarò più avanti in un’intervista al giornalista Thane Wilson.

Sembra la scena di un film a lieto fine, uno di quelli che, vedremo, Giannini finanziò negli anni Trenta con lauti profitti, rivelando al mondo il fascino del sogno americano, compreso il lieto fine. E potrebbe diventare presto un film perché un regista italiano, Davide Fiore, ha avviato, con la Fiscal sponsorship della San Francisco Film Society, un’operazione di crowdfunding per la realizzazione di “Little fellow”, una fiction che trae spunto dalla storia di Giannini, il figlio di immigrati liguri che divenne il banchiere più importante degli Stati Uniti alla testa di quella che oggi è la Bank of America-Merrill Lynch. Un modo efficace per risvegliare l’interesse dell’opinione pubblica per un uomo eccezionale, un banchiere capace di anticipare i tempi e che può tracciare ancora oggi la strada per essere banchieri onesti e capaci, buoni a coniugare l’interesse dei soci a quello generale, oltre, e soprattutto, a far riflettere sulla ricchezza intellettuale che gli immigrati possono generare a vantaggio di società “ingessate”. Senza indulgere a fantasie perché si ha la sensazione che l’immaginazione non possa aggiungere nulla alla realtà di un’avventura che ha dell’incredibile. Giannini è stato il banchiere alle origini delle fortune di Hollywood, capace di dar fiducia a Charlie Chaplin e a Walt Disney rendendo possibile la realizzazione di Biancaneve e i Sette Nani. Ma è stato anche il finanziatore del Golden Gate, il celebre ponte di San Francisco realizzato senza pretendere un solo dollaro di profitto. Del resto, come ebbe a dire ai consiglieri della banca fiutando un aumento di stipendio, «se uno vuole accumulare più di mezzo milione di dollari dovrebbe farsi vedere da uno psichiatra». E fu di parola. Quando morì, nel 1949, il suo patrimonio ammontava a 489.278 dollari. Ma la sua creatura, la Bank of America, era diventata la più importante banca privata del mondo, con 517 filiali e un capitale di 6 miliardi di dollari. Fu il primo a servirsi della pubblicità, il primo a finanziare la vendita a rate delle automobili, ma soprattutto il primo a concepire la banca come un bene di largo consumo, un servizio per tutti. È considerato l'inventore delle moderne pratiche bancarie; fu il primo ad offrire servizi bancari, non solo alle classi alte ma sopratutto alla classe media.

Ma proviamo ad immaginare la trama del film (di cui presto si potrà vedere la realizzazione), a partire dal flash-back del terremoto, il momento clou che avrebbe potuto segnare il tracollo finanziario del banchiere in attività da soli quattro anni, ma che si rivelò un azzardo fortunato.  Il coraggio di Giannini fu premiato: gran parte della ricostruzione di San Francisco fu finanziata attraverso i suoi sportelli, garantendo i fondi per finanziare l’attività dei piccoli agricoltori, in gran parte oriundi italiani.

SCENA 1 - LA TRAGEDIA

La storia non poteva avere un avvio più drammatico. Pietro Amadeo nasce a San José in California da Luigi Giannini, immigrato da Favale di Malvaro, sulle colline di Rapallo, ai tempi della corsa all’oro per poi rimpatriare per trovare moglie (all’epoca per ogni donna c’erano in California cinque maschi), cioè la signora Virginia.  Pietro Amadeo sarà il primo dei tre figli della coppia, spezzata da una tragedia: Luigi, che nel frattempo aveva acquistato con i primi risparmi un appezzamento di 40 acri  ad Alviso, viene ucciso da un suo bracciante durante una lite per la paga. Pietro si ritrova così ad esser capofamiglia a soli sei anni con la madre e il fratello minore, sulle spalle l’onere di un’azienda agricola da mandare avanti e una famiglia da mantenere.

SCENA 2 - 1904, NASCE LA BANCA

Il piccolo Amadeo, come il personaggio di una pellicola strappalacrime, non si tirò indietro. Capace di dividersi tra la scuola e la fattoria che la mamma guidava con piglio energico assieme al nuovo marito, Lorenzo Scatena, seppe trasformarsi in un abile imprenditore con i calzoni corti: si cresceva in fretta in una città che, ancor prima del terremoto, era investita da una straordinaria energia. Erano anni di vorticosa crescita per San Francisco, ricca di una miriade di imprese agricole e della nascente industria. E’ in questa cornice che Giannini comincia a far fortuna nel mondo del commercio dei prodotti agricoli, costruendo una reputazione che tornerà preziosa quando alle 9 del mattino del 17 ottobre 1904 Amadeo Peter Giannini spalancò le porte della Bank of Italy: tre impiegati, in un piccolo ufficio di North Beach, San Francisco. In quel giorno aprirono un conto ventotto clienti, depositando risparmi per oltre 8 mila dollari. Era l’avanguardia di un esercito di immigrati, a partire dalla colonia italiana di North Hill che cresceva di duemila unità all’anno: una compagine di artigiani ed agricoltori, digiuni di qualsiasi rudimento finanziario e ancor di più di un qualsivoglia rapporto con una banca, a cui Giannini offriva un interesse del 3,5 annuo sui risparmi, mentre sui prestiti si accontentava del 5,5 per cento, assai meno di quanto chiesto dalla concorrenza. Con questa strategia poco prima di Natale la Bank of Italy disponeva di depositi per settantamila dollari a fronte di oltre 90 mila dollari di impieghi. Una politica suicida, almeno all’apparenza. Ma Giannini puntava alla fidelizzazione dei clienti facendo leva sulle immense opportunità offerte dall’economia della California. I fatti gli diedero ragione: a fine 1905 i depositi erano saliti ad un milione di dollari mentre per gli impieghi, in grande espansione, valeva la parola del banchiere che esaminava personalmente le richieste – e con grande efficacia, se è vero che il primo ricorso per il recupero di un credito insoluto risale al 1910 per la modesta cifra di 2.275 dollari.

SCENA 3 - NASCE BANK OF AMERICA

Nel 1930 Giannini che nel frattempo aveva fondato la Banca d’America e d’Italia, succursale italiana della Bank of Italy, cambiò il nome dell’istituto californiano in Bank of America: il banchiere degli umili era ormai diventato il banchiere di tutti. Nel 1928 riuscì a convincere Orra E. Monnette, presidente della Bank of America di Los Angeles circa il progetto di fusione dei due istituti finanziari, a valle del quale si formò il primo stratosferico gruppo bancario della California; forte della leadership in uno dei settori più interessanti della new economy dell’epoca: il cinema, un mercato in cui Giannini era entrato nel 1909 finanziando un giovane squattrinato, Sol Lesser, che intendeva aprire la prima sala cinematografica della California.

SCENA 4 - UN CLIENTE PARTICOLARE: CHARLIE CHAPLIN

È il 1920 quando Giannini decide di allargar il raggio di azione al cinema. La strategia? «Se i banchieri di New York applicano il 20 per cento ai prestiti, ci accontenteremo del sei». È in questo modo che, attraverso il fratello Attilio, convinse un artista ebreo di talento ad emigrare dalla East, alla West Coast: Charlie Chaplin. Furono sufficienti un paio di incontri a Giannini per accordare un prestito da cinquantamila dollari alla United Artist per la realizzazione di “Monello”, il capolavoro del genio della comicità: in sole sei settimane la Bank of Italy era rientrata dei quattrini investiti.

Pochi anni dopo Giannini ebbe l’occasione di un’altra incursione nel grande schermo grazie all’amicizia con un giovane siciliano, uno dei pochi che, emigrato da bambino, si era laureato in ingegneria, salvo poi esser travolto dalla crisi del ’29: Frank Capra, il regista simbolo della stagione del New Deal di Roosevelt. Giannini non si limitò a finanziare i suoi film ma collaborò in vario modo alle pellicole, da “Accadde una notte”, a “E’ arrivata la felicità”, capolavoro costruito sulla denuncia dell’egoismo e della competizione nella società dell’epoca. Ma il grande colpo nel cinema, (tra il 1936 ed il 1952 vennero finanziati più di 500 lungometraggi) doveva ancora arrivare.

SCENA 5 - ARRIVA BIANCANEVE

All’inizio degli anni Trenta Walt Disney meditava il grande passo dalla produzione di brevi cartoon ad un vero lungometraggio. Il soggetto che aveva individuato era la favola di “Biancaneve e i sette nani” un progetto ambizioso che avrebbe richiesto più di tre anni per la realizzazione per un costo di oltre un milione e mezzo di dollari. Giannini ancora una volta gettò il cuore oltre l’ostacolo. Con grande fortuna visto che il film figura ancor oggi nella top ten degli incassi di tutti i tempi.

SCENA 6 - NASCE IL GOLDEN GATE. A TASSO ZERO

Non meno spettacolare e leggendaria l’impresa del Golden Gate, frutto del genio dell’ingegnere poeta Joseph Strauss. Giannini finanziò il progetto con sei milioni di dollari, consentendo l’avvio della start up, imponendo alla Bank of America di non percepire alcun interesse sulla realizzazione dell’opera. Ancora una volta, la lungimiranza di Giannini gli permise di vedere oltre. Il ponte non era solo un ponte: avrebbe aiutato la popolazione di San Francisco a superare il clima di depressione economica che gravava sulla città e alla Banca, ancora una volta, di imprimere il proprio nome su questa propulsione verso la modernità, sui sogni condivisi e alla portata di tutti, come appunto un viaggio sul ponte.

SCENA 7 - I CASSETTI APERTI

Questi, per sommi capi, sono alcuni frutti della straordinaria avventura di un “Builder and Titan” come la rivista Time volle definire il figlio di un emigrante ligure che ha rivoluzionato la professione di banchiere, aprendo al concetto di “una banca per tutti”, storico e sempiterno motto dello stesso Giannini. “Tutti” voleva dire tutti: dagli immigrati, agli emarginati, per arrivare anche alle donne, “categoria” molto discriminata finanziaria all’epoca, per le quali, già nel ’21 aveva istituito un dipartimento dedicato, la Women’s Bank a capo della quale mise ovviamente una donna...

Infine, un uomo, Giannini, che non ha mai dimenticato l’Italia. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, incaricò il figlio Mario di occuparsi degli italiani confinati nei campi di concentramento e di adoperarsi al fine di evitare l'internamento di altri italo-americani. Subito dopo la fine della guerra volle che la banca partecipasse in prima persona alla ricostruzione dell'Italia accordandosi con Arthur Schlesinger, responsabile della gestione del Piano Marshall, favorendo l’erogazione dei prestiti  alla Fiat. Un uomo che, quando nell’ottobre del 1945, lasciò la presidenza della banca, lasciò anche tutti i cassetti aperti, affermando «né io, né la mia banca, abbiamo nulla da nascondere». E quei cassetti vuoti devono essere il modo più degno per chiudere il film dedicato al banchiere per tutti, regalo del genio italiano alla terrà delle opportunità per tutti.

 

1. Immagine di apertura @Alex Schaefer