È un mercoledì qualsiasi di primavera, lontano dai ponti, dalle festività pasquali o da altre ricorrenze civili e religiose. Ma la processione dei viaggiatori verso le aree del check-in, le tavole calde o le offerte del duty free riempiono ogni spazio dell’aeroporto di Maiorca e sembrano non finire mai: «un fiume ininterrotto di viaggiatori che mette a dura prova un’ottima struttura, anche la più efficiente e attrezzata tra gli scali turistici, perché, parlando di strutture turistiche, la Spagna è una grande potenza industriale». E l’Italia? «Noi italiani siamo poco più di una bottega», commenta da lì Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato di Alpitour, protagonista d’eccezione del settore che ha alle spalle una lunga e fortunata esperienza nell’industria dell’ospitalità iberica alla testa di NH, in origine una piccola catena di alberghi a 3 e 4 stelle cresciuta sotto la sua gestione (dal 1997al 2011) da 66 a 401 hotel in 25 Paesi. Una guida d’eccezione, insomma, nei segreti di un settore complesso, assai più sofisticato di quanto non si immagini, in cui l’Italia accusa un gap colpevole, viste le potenzialità garantite dalle sue bellezze naturali e dal patrimonio artistico. Circostanza però che rappresenta un’opportunità per il club di azionisti (tra cui alcune famiglie illustri del capitalismo italiano) guidato dalla Tip, la merchant bank di Giovanni Tamburi, che ha confermato alla guida lo stesso Gabriele Burgio, che possiede una quota piccola ma strategica (lo 0,2%) di Alpiholding, il veicolo societario usato per accelerare la rincorsa del «Made in Italy» ai big del settore.

«Di sicuro – è la replica - le dimensioni non sono quelle che servono per crescere in questa gara con i giganti. Alpitour, leader in Italia, in Spagna sarebbe una media compagnia. Ma di progressi ne abbiamo fatti». E la conferma arriva dall’elenco delle operazioni compiute dal 2014, da quando Burgio (ancor prima dell’arrivo di Tip) ha avviato il percorso di rinnovamento e riorganizzazione che porterà, nel 2014, all’acquisizione di Press Tours (tour operator specializzato sull’area Caraibi e Continente Americano), nel 2016, all'ingresso nella romana Swan Tour e ad altre acquisizioni, tra cui, ultima per ora in ordine cronologico, la firma di un accordo strategico con Eden Viaggi che entra a far parte del gruppo torinese, impegnato a garantire un’offerta in grado di rispondere, per dimensioni e qualità, a un mercato in profonda evoluzione.

«Ormai siamo riusciti a uscire dalla logica della semplice intermediazione di stanze, alberghi e aerei, e iniziamo a servire le esigenze in altre aree» così come chiede, del resto, un mercato in profonda trasformazione.»

«La domanda è cambiata – continua Burgio –, tutti chiedono l’esperienza. La gente non si accontenta più di un’offerta standard. L’obiettivo è sempre di più l’unicità dell’esperienza». Insomma, dimenticatevi la pubblicità cult «No Alpitour? Ahi!». Oggi il cliente, che pur chiede servizi e assistenza di alto livello, detesta i trattamenti standard, l’effetto gregge e le soluzioni eguali per tutti. «La vera parola d’ordine è flessibilità. C’è un rifiuto generalizzato per i pacchetti preconfezionati, da lunedì a domenica. La richiesta è di partire quando si vuole, per la durata desiderata. Sembra una richiesta banale, ma è davvero complessa anche sul piano tecnologico oltre che su quello logistico-organizzativo e commerciale». E poi, come sempre, occorre fare i conti con il fattore umano: «Ormai Il cliente è più esperto dell’agente di viaggio nell’organizzazione della sua vacanza. Conosce più cose, ha informazioni più dettagliate da amici o via Internet su mille possibili mete per l’estate. Ovviamente non posso chiedere a un agente di essere altrettanto informato, ma questo genera sfiducia nei confronti del venditore». Di qui la necessità di mettere a punto offerte pensate secondo criteri “cuciti” sulla domanda come abiti di sartoria, sulla base di moduli variabili per età, reddito, gusto. «Per questo è sempre più necessario fare grande uso dell’intelligenza artificiale per profilare i consumatori e assisterli nelle loro scelte».

Anche così cambia, con un ampio ricorso alle nuove tecnologie, il turismo, settore spesso giudicato, a torto, tra i comparti “arretrati”. Al contrario, è una delle industrie più dinamiche, capace di sfidare il terrorismo, le insidie del clima e pure le difficoltà dell’economia. Perché, nella scala dei consumi del xxi secolo la voglia di viaggiare è ormai percepita come un bisogno primario da un numero crescente di consumatori, capaci di tanti sacrifici ma non di rinunciare all’esperienza del viaggio, lungo o breve che sia. E non c’è paese al mondo che non consideri il turismo un’industria strategica, l’unica, assieme all’edilizia, in grado di assicurare un forte apporto all’occupazione. Senza dimenticare il ruolo di volano per gli investimenti in infrastrutture o di avviamento di posti di lavoro “leggeri” sul piano dei costi, dall’artigianato agli addetti ai musei e così via. «La materia prima c’è – sottolinea il presidente – ma mancano altre cose, dalle infrastrutture carenti al necessario investimento nella formazione: il turismo vale oggi circa il 10 per cento del totale dell’occupazione. Ma si potrebbe salire almeno di altri 4-5 punti percentuali se venisse adottata una politica adeguata». Ad esempio? «Prendiamo il calendario. Da noi la stagione si limita ai due mesi centrali dell’estate, mentre il clima potrebbe permettere di allungare l’offerta sia a giugno che a settembre-ottobre come avviene in altri paesi. La Francia prevede vacanze scaglionate in inverno a favore dello sci. E si possono fare tante altre cose nell’ambito della politica della sostenibilità, in particolare a vantaggio del Sud che ancor oggi non copre più del 12% degli arrivi, nonostante alcuni episodi virtuosi, come l’esempio di Matera che non deve restare isolato».

«Sarebbe il caso di utilizzare – continua – le agenzie specializzate per promuovere la nostra offerta nel mondo, con articoli, reportage, iniziative varie, così come fanno i paesi nostri concorrenti anche con un uso ben coordinato dei social media. Basta visitare una grande fiera internazionale: gli altri si muovono con una logica ben precisa. Noi, al contrario, in ordine sparso c’è uno stand della Sicilia, dall’altra parte uno della Puglia, più in là quello di un’altra regione. Un modo infallibile per aumentare la spesa riducendo l’impatto dell’investimento». Il risultato? «L’Italia sta perdendo la sfida nel rapporto più importante, quello tra qualità e prezzo, a causa dei limiti nella creazione del valore. E così ci limitiamo a difendere le posizioni, ma potremmo fare molto di più. Intanto gli altri si muovono: le guerre commerciali si fanno anche nel turismo». 

Questi problemi per ora, passano in secondo piano di fronte alla tendenza generale, ovvero il flusso imponente dei turisti-viaggiatori in forte crescita un po’ ovunque: «I segnali vanno nella direzione di un’ulteriore forte espansione della domanda cui corrisponde una parallela crescita dell’offerta. Sono in arrivo nuove destinazioni per i viaggiatori. È stata completamente rinnovata l’offerta del Brasile. E che dire del Golfo? Fino a pochi anni fa era del tutto assente da mappe del settore. Oggi, al contrario, Dubai, Emirati Arabi, Qatar e Oman sono destinazioni sempre più frequentate anche grazie al supporto garantito dalle compagnie aeree, anche queste nate in tempi relativamente recenti». Si è instaurato così un circolo virtuoso: nascono nuove compagnie aeree, si abbassano i costi, il mercato si allarga a nuove fasce di consumatori. E sulla scena si profilano nuovi competitor dotati di un enorme potenziale finanziario, capace di far tremare i grandi nomi del mercato. Non è per caso che Marriott, uno dei big dell’industria alberghiera abbia deciso di entrare nel settore della locazione a breve per sfidare Airbnb che, in attesa di una raccolta miliardaria a Wall Street, sta allargando la sua offerta dagli alberghi cheap all’extralusso, dai siti di prenotazione alle compagnie aeree: grazie all’impiego della tecnologia la caccia grossa al cliente ha preso velocità.