Osservatorio

Zanele Muholi: "Nobody can love you more than you"

 

All’interno dell’idea di auto-rappresentazione coesistono molte forze, spesso anche contrarie e controverse. Se prendessimo in prestito il titolo di un saggio di uno dei più famosi scrittori italiani del Novecento, Giorgio Manganelli, e lo piegassimo alla ricerca visuale di Zanele Muholi, verrebbe fuori una cosa del tipo: la fotografia come menzogna (lo scrittore del Gruppo ‘63 scriveva “letteratura come menzogna”, intendendo però l’insieme delle arti applicate). Esiste quindi sempre, ancorché ben celata, oppure decisamente assottigliata, una soglia di mimesi, una volontà di mistificazione, tra il sé rappresentato e il suo significante. Talvolta questo interviene anche e solo per la promiscuità e la numerosità dei livelli di lettura proposti dall’immagine.

È quello che succede negli scatti di Zanele Muholi, dove il proprio corpo viene usato sia come auto-rappresentazione che come dispiegamento di altro. Infatti, accade anche nella ricerca di una Verità profonda, che in questo caso è anche una Verità sociale, che l’infinita sovrapposizione dei piani di lettura, di elementi simbolici e di immagini che compiono un viaggio lungo, in questo caso, dall’Africa al mondo Occidentale, talvolta in modo del tutto casuale, possa indurre in diversissime interpretazioni. Può essere il caso di questi auto-ritratti, con mollette da bucato o grucce, i cui livelli di lettura epidermici toccano la casa, il formalismo degli oggetti e il loro valore pauperista ed estetizzante.

Quello che rimane in fondo, però, è sempre quella sensazione conturbante e disagevole di immaginare una donna che si è messa, nuda, di fronte alla lente dell’obiettivo, esponendo sé stessa oltre qualsiasi misura privata. Accettato questo, i ritratti si sommano uno all’altro e si rinforzano l’uno con l’altro a dire, «sono sempre io, guardami bene. E tu dove stai?». 

 

Zanele Muholi, biography

Attivista visiva e fotografa nata a Umlazi, Durban, Zanele Muholi vive a Johannesburg. La sua mission, come personalmente dichiarato, è “riscrivere una storia visiva del Sudafrica dal punto di vista della comunità nera, lesbica e trans, affinché il mondo conosca la nostra resistenza ed esistenza in un periodo in cui i crimini generati dall’odio sono all’apice, in Sudafrica e non solo”. Dopo aver seguito un corso di Advanced Photography al Market Photo Workshop di Johannesburg, nel 2009 Muholi ha conseguito un Master of Fine Arts in Documentary Media alla Ryerson University di Toronto. Dal 2013 è professore onorario della Arts/Hochschule für Künste di Brema. Fra i numerosi premi, sono stati loro* conferiti il titolo di Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres e l’Infinity Award dell’International Center of Photography. Le più recenti esposizioni personali includono: Spelman College Museum of Fine Art, Atlanta; Fotografiska, Stoccolma; LUMA Westbau, Zurigo (2018); Stedelijk Museum, Amsterdam (2017) e Autograph ABP, Londra (2017). L’artista ha prodotto un progetto urbano intitolato Masihambisane - on Visual Activism per Performa 17, New York (2017).

*Muholi preferisce un pronome personale plurale, che non faccia riferimento a genere maschile o femminile.

 

Misiwe, Bijlmer, Amsterdam, 2017

 

Zamile, KwaThema, 2016

 

Thembeka I, New York Upstate, 2015

 

MaID, Brooklyn, New York, 2015

 

Fezekile III, Cincinnati, 2016

 

Senzekile II, Cincinnati, 2016

 

Ntozabantu II, Parktown

 

Ntombzane, Mayotte

 

Namhla II, Chapel Hill, North Carolina, 2016

 

Namhla at Cassilhaus, Chapel Hill, North Carolina, 2016

 

Buzani, Parktown, 2016

 

Bhekani, Mayotte, 2016

 

La foto in apertura è: Muholi Muholi, Parktown, 2016

© Zanele Muholi. Courtesy of Stevenson, Cape Town/Johannesburg - Yancey Richardson, New York - Galleria del Cembalo, Roma