Osservatorio
Gian Paolo Barbieri ha un mondo tutto suo, e non è importante che la moda vada da una parte o dall’altra. Quel tocco esiste, ed è flessuoso, perché a guardare bene i suoi moltissimi scatti non ricorre come una cifra o un marchio, ma si ricrea, come fosse una pennellata di un quadro molto esteso. Da una madre modista si forma una personalità che è stratificata e come fosse un’ardesia ligure è scistosa, rilascia ogni volta una diversa scaglia del proprio essere Gian Paolo Barbieri. L’uso del colore accorato tra abiti, trame e linee corporee, quasi a richiamare tele di Mark Rothko o monocromi di Ellsworth Kelly e Imi Knoebel; le ambientazioni cinematografiche e citazionistiche, selvagge e spesso confondenti; le capigliature da op-art, cinetiche e spazialiste; l’animalier più viscerale e nevrile, da donne gatto a linci e serpenti, e poi la cosa più straordinaria, quella manualità che gli permette di usare un lenzuolo per creare un turbante o sdraiare una splendida donna sul un pelo di sabbia e richiamare insieme ai nostri occhi l’aurora boreale e un ambiente spaziale di Lucio Fontana. Questa è una (obbligatoriamente) piccola selezione di questo fotografo così accorato e dalla così produttiva biodiversità visuale, proveniente dall’archivio della neo-nata Fondazione Gian Paolo Barbieri. Fondata e avviata dallo stesso fotografo nel 2017 ha l’obiettivo di curare, preservare e valorizzare il suo lavoro.