Infinito è glocal, vive nei nostri territori dove le famiglie che hanno fatto nascere e crescere imprese che si sono affermate nel mondo hanno conservato le proprie radici e vive nel mondo dove le stesse imprese hanno conquistato mercato e reputazione. Anche la pandemia lo è stata, glocal, perché è nata lontana e si è diffusa dappertutto seminando paura e vittime in ogni angolo del pianeta: dico “lo è stata” perché sono certo che potremo declinarla al passato attraverso una fase più o meno lunga di convivenza armata con il virus, il nostro next normal per i prossimi anni, cioè vaccini, cure il prima possibile, e regole di tutela e di rispetto reciproco.
Le conseguenze della pandemia nella vita di tutti i giorni sono tante, dall’organizzazione del lavoro alla politica internazionale, alla totale affermazione dei colossi del digitale, alla stessa politica internazionale. E anche ai rapporti di forza, economici e militari, tra le grandi aree del mondo: l’America apparentemente si è come ritirata in sé stessa (l’Afghanistan ne è l’ultimo esempio), ma sposta il confronto sui mari con l’antagonista Cina. La Russia è, più di altri paesi, ancora alle prese con il virus ma le sue risorse naturali le consentono di essere fondamentale per l’Europa con le forniture di gas, la Cina ha superato con le chiusure e il dirigismo spinto la fase acuta della pandemia e ritrova ogni giorno che passa la consapevolezza della sua forza, economica e non solo. L’Europa ha messo in campo risorse inaspettate con il Recovery plan (anche se sette volte inferiori a quelle dispiegate dagli Stati Uniti), ma appare l’area più debole perché non ha campioni digitali e nemmeno esercito. Eppure, in Europa, e soprattutto in Italia, se sappiamo rovesciare la nota frase “think globally, act locally” in “pensa localmente e agisci globalmente” potremo portare la diversità e la forza culturale dei nostri territori nel cuore della grande sfida dell’economia della conoscenza, che ora più che mai abbatte i tradizionali limiti di spazio e di tempo. Ma dobbiamo saper riconoscere e valorizzare i nostri tesori come risorse naturali e culturali accessibili a tutti i membri di una comunità, e lavorare all’incremento patrimoniale del territorio come fattore di sviluppo. Infinito questa volta dedica il suo spazio principale a un’area del mondo che è una delle chiavi del pianeta nei prossimi decenni, quella formata da Cina, Corea, Giappone, Singapore, Vietnam e Indonesia, un’area da cui dipendono (solo per fare due esempi) i chip che animano i nostri computer e telefonini e le batterie che muoveranno le nostre auto. Se ne occupa una consulente d’eccezione, Giulia Pompili, con due testimoni d’impresa del tutto glocal come Maurizio Radici e Giorgio Tadolini.
La nostra cadenza semestrale ha il grande vantaggio di non lasciarci prendere da una cronaca italiana che quasi sempre non sopravvive a sé stessa. Tuttavia, quando ci ritroveremo con il prossimo numero, il nostro Paese avrà un nuovo Presidente della Repubblica e sapremo se la crescita dell’economia che tutti fissano anche al di sopra del sei per cento nel 2021 sarà stata solo un rimbalzo post chiusura oppure, come speriamo, qualcosa di più strutturato e duraturo. L’elezione del capo dello Stato è un passaggio cruciale per un sistema politico che sta soffrendo più del previsto il grande cambiamento in atto, ma di una cosa siamo sicuri: Mario Draghi sta decidendo, grazie alla sua competenza e capacità di decisione e alla sua leadership riconosciuta a livello internazionale, le cose giuste per l’economia a cominciare dalla messa a terra del Recovery plan. È piuttosto l’assetto istituzionale che non riesce a riformarsi, e il premier avrebbe bisogno di un movimento di opinione pubblica civilmente impegnata che lo supporti nell’azione riformatrice più che mai necessaria, sottraendolo almeno in parte ai giochi contrapposti di partiti spesso in ritardo sulla società che cambia. Ma qui mi fermo, non senza aver ricordato la splendida cavalcata dei primati italiani che è cominciata con la vittoria agli Europei di calcio, la fioritura di medaglie alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi per concludersi con il premio Nobel per la Fisica al professor Giorgio Parisi. Ne avevamo bisogno, non solo psicologicamente, e li ringraziamo tutti.