Nella vita di ogni persona ci sono dei momenti. Esistono molte metafore più o meno prosaiche per descriverli; epifanie, crocevia, bivi esistenziali, e qualsiasi altra definizione possa richiamare l’accadere. Non fanno differenza gli artisti, soggetti come tutti al momento della creazione e al suo complesso avvenire. L’opera è una montagnola fatta di nervi, sacrificio, mestiere, talento e una luce, che è come l’aura, l’afflato nella pupilla del ritrattista che non sempre si manifesta. Sarebbe anzi di interesse culturale e critico costruire un percorso visivo delle opere che sono rimaste montagnole isolate (gli “unici guizzi” li chiama Jean Clair) nella vita di alcuni artisti - ma non per questo necessariamente meno valorose. Se dovessi pensarne due al femminile degli ultimi anni pescherei senz’altro No Frost del 1990 di Liliana Moro e Fioritura del 2001 di Sabrina Mezzaqui. I due lavori non hanno molto a che fare l’uno con l’altro, se non per rappresentare con coerenza l’idea di apice solitario nella produzione artistica – e questo non è un laconico giudizio di merito, bensì un cristallino riconoscimento. No Frost è un frigorifero adesivizzato con una serie di personaggi da Looney Tunes o Walt Disney che sembrano proiettarlo nella sfera emotiva e visiva infantile o pre-adolescenziale. Il frigorifero di un bambino fortunato, di quelle case borghesi che ne hanno più di uno, quello della cucina, quello della lavanderia, il freezer per le scorte e persino quello del bambino con la Coca-Cola e i Polaretti. Questo frigorifero però ha un ulteriore elemento, una barra in ferro e un lucchetto da ferramenta, che lo cingono crudamente, disumanizzandolo, de-poeticizzandolo, come farebbe una luce al neon puntata su un quadro di Ingres. Se molti hanno rilevato (ed è giusto riportarlo) che la principale disfunzionalità dell’oggetto fosse proprio la sua impossibilità, l’irrealizzabilità, ben presentificata dal proverbiale ronzio da elettrodomestico contrapposto al suo destino di frigo-sempre-chiuso, a me piace far emergere un ulteriore dato. Quel lucchetto, di cui non ha molta importanza immaginarne la genesi o la proprietà, richiama le storie di tante persone che, più o meno inutilmente, hanno subito, o si sono imposte, un regime di qualche tipo; una privazione. Riempire questa idea, questa scatola, spetta sempre all’osservatore: dalla mamma premurosa di una figlia docilmente sovrappeso, al bulimico sul baratro di una fine, alla bambina reginetta dei concorsi di bellezza a cui il genitore ossessionato dalla fama proibisce il gioco come il cibo. Chi ha nascosto la chiave alla piccola Elisabetta detta Betta?


Fioritura di Sabrina Mezzaqui è tutto altro lavoro, ma non per questo meno coeso. Arriva undici anni dopo No Frost e parla di un piccolo idillio; se non addirittura si erge a manifesto di una intera generazione di pensatori e intellettuali come Carlin Petrini, Rigoni Stern, Ermanno Olmi. Alcuni monitor dalla misura contenuta, direi quasi piccolissimi, soprattutto se paragonati a quelli in uso oggi nelle case di tutti, che assomigliano ormai a condensati tecnologici, immensi buchi neri a parete, mandano in loop un film fatto di erba, steli e fili, piccoli fiori, api che ronzano. È un lavoro fatto di nulla che ti obbliga a guardare ed ascoltare, sforzandoti. Non lo richiede certo, deve essere un afflato tutto nostro; quei monitor infatti, rappresentazione di una natura simile al granello di sabbia di Wislawa Szymborska che non si chiama né granello, né sabbia, sono nostri epiteti nei suoi confronti, continuerebbero comunque a mostrarci quell’ape che si posa su quel fiore – almeno fino a quando esisterà energia elettrica nelle tracce della parete, altra metafora perturbante sul rapporto tra umano e naturale. Il lavoro Fioriture mi ricorda l’esercizio che un vecchio maestro d’elementari fece fare ai suoi alunni: li portò in un campo e disegnò per terra con il gesso delle zolle metaforiche, una per ogni bambino. Chiese loro di guardarle, osservarle, minuziosamente, e descriverle. All’inizio erano solo fili verdi, poi, ai loro occhi finalmente attenti, divennero api, grilli, coccinelle, margherite, lombrichi, lumachine. Che rumore fa l’albero che cresce?