Che cosa è stato il Covid? Pandemia a parte, per tutti quelli che non ne sono stati toccati direttamente, uno stress test psico-sociale dal quale, se si hanno gli strumenti giusti, c’è molto da capire e imparare, perché sotto la pressione del conflitto i fenomeni tendono ad emergere senza inibizioni, in maniera radicale. Sia quelli di natura sociale che quelli dentro di noi. A sostenerlo è Francesco Morace, sociologo e saggista, fondatore e presidente di Future Concept Lab, consulente di aziende e istituzioni italiane e internazionali. «Con eventi del genere si estremizza tutto, il bene e il male. Il coronavirus è un grande laboratorio culturale e antropologico, uno stress test. È come analizzare in vitro comportamenti, fenomeni e valori già presenti, che erano in nuce». Un grande acceleratore, insomma. «Sì, come in una cartina tornasole tutto è emerso. In modo anche violento». Così, questo 2020 si fa soglia simbolica: sia di un arrivo che di una partenza. Anno doppio e bisesto come in un gioco di specchi ha amplificato problemi e soluzioni, fino al culmine segnato dall’emergenza coronavirus. Che da sanitaria si è fatta economica e sociale. E quindi assoluta. «Siamo arrivati alla fine di un decennio che ha avuto sulle nostre vite un impatto deciso e, a volte, traumatico», scrive Morace nella prefazione del suo libro appena uscito, “La rinascita dell’Italia”, edito da Egea. Già, l’Italia. «Discontinuità e avvento di nuovi paradigmi hanno segnato il nostro Paese e il mondo intero: big data, sharing economy, fake news, influencer, hanno fatto la differenza, nella politica, nel business, nella vita quotidiana». Gli anni Dieci del terzo millennio hanno marcato un punto di svolta all’insegna del modo di vivere ed agire digitale: «soggettivo, contagioso, innovativo, istantaneo, ma anche inconsapevole, evanescente, pervasivo, guidato in modo potente e non trasparente da un’intelligenza artificiale controllata da pochi, da un pensiero politico tanto impoverito quanto spregiudicato, dall’aggressività di tanta comunicazione. Tutto ciò ha creato nuove possibilità e connessioni vitali, ma anche indicato un rischio elevato di un futuro maldistribuito, alimentando forme individuali, civili e sociali di azione e reazione, nel bene e nel male», continua il sociologo che dal 2015 organizza e dirige il Festival della Crescita ed è autore di una ventina di saggi.

Marco Maria Zanin, Deserto Padova, 2012 © Marco-Maria-Zanin

Dalla tecnologia alla psicologia.

«Si parla di realtà aumentata in ambito tecnologico. Ora questo accade anche in quello psicologico. Quello a cui stiamo assistendo è un paesaggio metaforicamente aumentato, nel senso che le nostre reazioni si sono amplificate», spiega Morace. «Se prima era la tecnologia a portarci in un mondo che non era il nostro, ora è la nostra reattività a crescere in un modo che non potevamo prevedere. E se ne verremo fuori, ognuno lo farà a modo suo. La direzione del cambiamento in atto, però, non sarà diversa, nel senso che chi pensava male ora pensa pure peggio. Mentre chi pensava bene, cercherà di fare tesoro di tante cose. Siamo comunque tutti nella situazione di marcare un’amplificazione delle nostre sensazioni. Alcuni vivono questa difficile fase come un’opportunità, altri come un grande danno. Di certo la natura ci ha dato un segnale di attenzione», dice senza esitazione Morace. Un’altra conseguenza, secondo il sociologo, «è che siamo tutti più selettivi perché abbiamo individuato le cose che contano. Le persone a cui vuoi bene davvero, per esempio, dopo questa esperienza, non le vuoi perdere. E per farlo, devi rinunciare a qualcosa. La relazione umana è un tema molto forte in questa fase. Non c’è dubbio: questi cento giorni hanno cambiato il mondo. Molte persone stanno riorganizzando le proprie vite e prendono decisioni alternative». Un tema più sentito in Italia che in altri luoghi del pianeta secondo Morace. «Nei paesi più “freddi” dal punto di vista emotivo, la relazione è meno rilevante perché si dà più spazio al pragmatismo e all’efficienza. Funzionano senza dubbio meglio ma sentono meno. Nelle culture molto orientate ai soldi e alla iper-produttività si reagisce diversamente rispetto a quelle che danno molta rilevanza ai sentimenti».

Usa vs Europa.

«Tutto è diventato estremo, anche i conflitti esasperando tendenze già presenti nelle varie culture. Basti vedere quello che sta succedendo negli Stati Uniti a causa del razzismo ancora ben radicato nella società. Tutto sta andando nella direzione su cui eravamo già orientati. Quella a cui si stiamo assistendo, infatti, non è una reazione globale univoca e uniforme ma segue le sensibilità dei luoghi. È come se si rafforzasse il genius loci», spiega. È un’opportunità o la conferma di una condanna atavica, il segnale di tare ormai scolpite nel nostro modo di essere? «Trovo sia un’opportunità straordinaria per l’Europa, che ha reagito, anche se in modo lento. La verità è che il Vecchio Continente si sta rafforzando perché era già tutto nel suo DNA. Mi auguro a questo punto che i mali endemici dell’Europa, tra burocrazia e lentezza, vengano superati in scia alla straordinarietà della situazione. Nelle nostre diversità di europei, in fondo siamo simili. C’è un’ottica di pensiero strategico. Forse questa volta si partirà davvero come una realtà che ha una sola voce». E continua: «La situazione, a mio avviso, premierà le grandi democrazie perché è emersa fortemente la dimensione del bene pubblico». Eppure, si fa un gran parlare della crisi della democrazia, assieme alla tentazione dell’uomo forte. «La democrazia – replica Morace - è a rischio dove già lo era. Di base abbiamo tutti capito che nessuno si salva da solo». M l’ascensore sociale è rotto, ammonisce l’Istat. Si allarga la forbice tra ricchi e poveri, un pessimo segnale per la democrazia, non crede? «Spero che su questo l’Europa faccia sentire la sua voce e intervenga. Quello della diseguaglianza è un grande tema. Credo che questo sia un momento di profonda trasformazione che non ci dobbiamo perdere. Paesi come l’Italia, se saranno intelligenti, avranno tutto da guadagnare. In Italia il gap digitale e la burocrazia devono essere risolti. Questa potrebbe e dovrebbe essere l’occasione per farlo. Sono convinto che la politica italiana, per quanto debole, non ci farà perdere questa chance. Anche se non lo saprà fare in modo ordinato. Per fortuna, voglio dirlo, saremo controllati e monitorati dall’Europa! E questo è un bene che durerà perché avremo tutto il tempo per elaborare quanto sta succedendo. Sembra la legge del contrappasso dantesca. Chi sbaglia paga». Intanto i sovranisti sono sempre più presenti.

«Ma i sovranisti hanno perso il controllo della paura. Perché è arrivata una paura vera e questa si è sostituita ad altre che si sono rivelate molto deboli…». Quanto alla debolezza della politica italiana, premier Giuseppe Conte compreso, Morace sposa una tesi paradossale: «Conte è il nulla. Meglio così. Il nulla vince. Credo che l’Italia possa prendere una buona direzione perché siamo opportunisti storici, stiamo sempre in posizione laterale. Poi, però, ad un certo punto, sappiamo agire e sappiamo organizzarci meglio di altri nelle situazioni di emergenza. È triste da dire ma è un modo di essere. Fa parte della nostra cultura, quindi è dura da smantellare. C’è di buono che questo atteggiamento ha anche un lato positivo, quello di essere flessibili. Inevitabilmente».

Gli anni Venti, “era dell’etica aumentata”.

«È arrivato il momento di riaffermare la capacità simbolica di incidere sul futuro e di sottolineare la presa di responsabilità che questo implica, proponendo un percorso di crescita verso un mondo più equilibrato, fatto di attivismo e desiderio di contare e di contarsi, di porsi al centro della scena con la propria presenza autentica, complementare a quella digitale. Gli anni Venti dovranno svilupparsi all’insegna di un’etica aumentata che guardi ai diritti di cittadinanza, protegga il mondo fisico a partire dalla salute e dall’ambiente, valorizzi le persone in carne e ossa e la loro dignità, utilizzando anche la potenza dei big data ma senza consegnarsi in modo acritico e irresponsabile alla potenza dell’algoritmo», afferma con forza Morace. «Gli anni Venti, insomma, dovranno e potranno diventare un tempo e un luogo di rinascita culturale e innovazione sociale, a condizione che sappiano affrontare il futuro con coraggio». E le ipotesi concrete di rinascita indicate nel libro fanno leva su quei valori di servizio e condivisione, verità e fiducia, sostenibilità e intelligenza, profondità e negoziazione, unicità e universalità che da sempre rappresentano le qualità autentiche dell’Italia. «Dobbiamo solo capire che ci vogliono disegni chiari per il futuro e darci una mossa. Ma alla base di tutto questo, come imperativo categorico, ci devono essere dei valori chiave: uguaglianza, spirito ecologico, tolleranza, salvaguardia dei diritti, apertura mentale». E, mai come oggi, cultura.

 

In cover: Marco Maria Zanin, Cattedrali Rurali, 2012 ©