EDITORIALE

Infinito, quadrimestrale, è davvero breve quando si tratta di passare da un numero all’altro. È breve perché il tempo viaggia sui nostri argomenti, sulle nostre passioni, sui fatti che determinano la storia di istituzioni finanziarie, famiglie, aziende e quindi sono origine e strumenti del benessere collettivo di un Paese.

Questa volta siamo orgogliosi di presentarvi un unicum: come si pianifica, si gestisce e si valorizza la successione al vertice di una banca. Una banca tanto riservata quanto importante nella gestione del risparmio italiano, Banca Generali. Enrico Cuccia, che è stato come capo indiscusso di Mediobanca il maggiore azionista di una delle più importanti compagnie di assicurazioni europee e mondiali, ripeteva spesso ai suoi interlocutori un concetto semplice e chiaro: “E’ caduto l’impero romano, può cadere Mediobanca, ma Generali mai”. Mai, perché la compagnia di Trieste è il risparmio degli italiani. Generali ha uno scrigno, Banca Generali: Ugo Bertone ne racconta la successione al vertice, con rilevantissime implicazioni sia umane sia professionali, avvenuta tra Piermario Motta e Gian Maria Mossa. Un autentico caso di scuola nel panorama finanziario internazionale. 

Vi lascio il piacere di scoprire il resto, non senza raccomandarvi un’altra grande storia italiana, quella della famiglia Pininfarina, il meraviglioso stile italiano nelle automobili più belle di tutti i tempi, raccontata da par suo da Giuseppe Berta. 

Da un numero all’altro di Infinito, l’Italia ha anche votato e ha un nuovo governo. Un governo politico che il presidente Mattarella ha   portato a casa rispettando il responso elettorale e ancorandolo saldamente all’euro. Non possiamo infatti immaginare alcun futuro fuori dalla moneta unica europea, argine ineludibile alle inefficienze e al debito italiano, le due grandi emergenze che alla lunga possono limitare, esse sì, la sovranità nazionale. Emergenze che dobbiamo saper affrontare per difendere il nostro ruolo di secondo paese industriale d’Europa (che esporta merci per oltre un miliardo di euro al giorno), per restituire ai giovani italiani quell’ascensore sociale che è stato decisivo nella crescita delle passate generazioni e che ora si è bloccato e per rimettere in moto le grandi opere che ci connettono fisicamente all’Europa.

Sono fiducioso, nonostante le incertezze legate ad un cambiamento politico e sociale di proporzioni rilevanti e inedite, che il nostro Paese saprà assolutamente conciliare rispetto della volontà democratica, interazione feconda con l’Europa e necessità di prospettive anche italiane ai giovani italiani. Molti dei governatori di Bankitalia hanno concluso spesso le proprie relazioni annuali con l’espressione “sta a noi”. Mi permetto di dire che sta “a noi tutti”, proprio perché occorre accorciare le distanze tra establishment e cittadini.