Suonare uno strumento, imparare una lingua straniera, comprendere e utilizzare il linguaggio informatico. Sono queste le attività che le giovani menti cinesi svolgono nel tempo libero, quando sono lontani dai libri di scuola. E la scelta su quello che dovrebbe essere un hobby parte da un unico desiderio del genitore: preparare il figlio a spiccare il volo, emergere in un paese di oltre un miliardo di persone.

È un percorso lungo e difficile, che mette a dura prova l’intera famiglia pronta a investire tutto, in termini economici ed emotivi. Per non confondersi nel mucchio il giovane cinese deve eccellere in attività scolastiche ed extracurriculari, dove raramente è concesso spazio alle predisposizioni personali. L’istruzione è infatti il perno della mobilità sociale, l’unico strumento meritocratico che permette alle giovani generazioni di presentarsi come il frutto del “sogno cinese” agli occhi dei coetanei stranieri. Per rendere possibile una formazione eccellente in diversi campi, i genitori iscrivono i figli ai corsi di tutoraggio: una prassi per tutte quelle famiglie abbienti che, fino a qualche mese fa, spendevano oltre 17 mila dollari l’anno per l’istruzione del proprio erede. Ma il governo cinese ha recentemente messo un freno al business degli istituti di tutoraggio, imponendo la registrazione come enti no-profit entro la fine dell'anno: sarà Pechino a stabilire le fasce di prezzo per le ripetizioni e il tutoraggio allo studio. L’obiettivo è duplice: ridurre il peso economico che grava sui genitori e alleggerire la pressione sugli studenti in quello che è il sistema scolastico più competitivo al mondo. Pechino vuole dare maggiore centralità all'istruzione pubblica, accessibile a tutti, in particolare a chi proviene da aree rurali o meno sviluppate. Lo scopo è accompagnare gli studenti verso la prova più dura della carriera scolastica: il gaokao, il test d’ingresso per entrare in un’università cinese. È il momento più importante, preceduto da anni di studio intenso e abnegazione.

OGNI ANNO, A GIUGNO, SI DECIDE IL DESTINO DEI BAMBINI

Ogni anno, nel mese di giugno, per due giorni la Cina si ferma per l’evento collettivo più estenuante del mondo, che segna uno spartiacque tra una carriera lavorativa assicurata e una molto più accidentata. Il punteggio finale permette l’iscrizione all’ateneo che potrebbe segnare un punto di svolta per lo studente: più è alto il punteggio, maggiori sono le possibilità per accedere in una delle università migliori del paese; chi invece ottiene un voto mediocre, può solo sperare di iscriversi a un istituto meno prestigioso.

Chi si laurea in un’università d’élite cinese ha una prospettiva di guadagno del 30-40 per cento in più al mese rispetto a chi ha frequentato altri istituti. Rendere l'istruzione di alto livello disponibile a più studenti è una delle sfide attuali del governo cinese, che tenta di ridurre il fenomeno della “fuga dei cervelli” all’estero.

Gli Stati Uniti, seguiti dalla Gran Bretagna, sono la meta ideale per l’offerta di un curriculum universitario più completo. Ma la competizione è internazionale, perché agli atenei americani guardano con interesse anche gli studenti sudcoreani. Per loro, frequentare un’università straniera è una valida alternativa al competitivo Suneung, l’esame di ammissione alle università del paese. 

PER I BABY COREANI, GLI ESAMI COMINCIANO DA PICCOLI

Il modello scolastico sudcoreano è molto simile a quello cinese. Fin da piccoli, i coreani focalizzano i loro sforzi sullo studio in vista del test nazionale. E per farlo frequentano gli "hagwon", gli istituti privati per le ripetizioni, dove studiano principalmente inglese e matematica. Questa dedizione assoluta si traduce in spese che pesano sul bilancio familiare: ogni mese, una famiglia sudcoreana benestante spende per la formazione extrascolastica dei figli almeno 250 dollari. La crescente spesa per l’istruzione privata rispecchia la diffusa incertezza sul sistema di ammissione alle università. I giovani sudcoreani che sostengono il Suneung hanno un solo obiettivo: totalizzare un alto punteggio per entrare in una delle tre università più prestigiose del paese, le cosiddette SKY (Seoul National Univeristy, Korea University e Yonsei University). Solo l’ammissione in uno di questi atenei garantisce una buona carriera e prestigio sociale. Per questo il temutissimo test è un appuntamento a cui partecipano tutti i cittadini sudcoreani. Nel giorno del Suneung, che solitamente si tiene a novembre, l’intero paese cade nel silenzio per garantire la completa concentrazione dei ragazzi: traffico aereo ed esercitazioni militari sospesi, apertura degli uffici posticipata di qualche ora e strade chiuse intorno alle sedi d’esame.

Sostenuto il Suneung, i voti vengono resi pubblici a livello nazionale: chi non lo supera, deve provarlo l’anno successivo. Un’attesa dalle conseguenze devastanti. La delusione di un successo mancato, spesso, fa piombare i giovani sudcoreani in uno stato di depressione con pensieri suicidi.

TOKYO, 12 ORE DI STUDIO PER NON ESSERE UN RONIN

La pressione sociale sugli studenti è un problema presente anche in Giappone, dove il ministero dell’Istruzione giapponese ha recentemente denunciato dati allarmanti: solo nel 2020, 479 studenti si sono tolti la vita, anche a causa di questo sistema: tra le diverse motivazioni sono ascrivibili l’incertezza del futuro e la pressione scolastica. Per i figli di ambiziosi genitori giapponesi, la competizione inizia ben prima del primo giorno di scuola elementare: a cinque anni, i bambini giapponesi entrano nelle gakushu juku, le scuole private che nel doposcuola offrono un’ottima preparazione in vista degli esami di ammissione all'università.

A essere esclusi dalle juku, però, sono i ragazzi che provengono da famiglie meno facoltose che non possono permettersi di investire almeno mille dollari al mese per l’istruzione privata. Proprio le juku sono uno dei fattori scatenanti della spaccatura sociale ed economica nella società giapponese.

Per la corsa agli istituti più eccellenti del paese, gli studenti hanno piani di studio anche di dodici ore al giorno. Ma l’impegno delle giovani menti giapponesi non viene sempre premiato: molto spesso gli studenti devono tentare più volte il test annuale per essere ammessi all’università dei sogni. E su quegli studenti che falliscono l’esame si pone l’etichetta di “ronin”, un termine declinato dai samurai per indicare chi vive in uno stato di limbo per anni nell’attesa di entrare finalmente all’università desiderata. Ed essere “ronin”, ovviamente, ha conseguenze anche nel mondo del lavoro, dove i datori discriminano chi ha dedicato anni per iscriversi al migliore ateneo. A essere favoriti sono quindi i lavoratori che eccellono in materie scientifiche e informatiche, a scapito della istruzione creativa e dell’esercizio del pensiero critico. Un problema comune in diversi paesi dell’area, dove si predilige l’apprendimento e lo studio mnemonico.

TAIWAN, INGLESE E MATEMATICA PER TUTTI

Non fa eccezione nemmeno il sistema scolastico di Taiwan. I diplomati taiwanesi hanno tra i punteggi più alti a livello internazionale, con una formazione eccellente in matematica e scienze ma scarsa in altre materie. Il sistema educativo taiwanese orientato ai test è stato recentemente riformato dal governo per introdurre un curriculum più indirizzato all’educazione artistica. Il governo adesso guarda al 2030, per consacrare il successo di Taiwan come paese bilingue (cinese e inglese). Per questo il ministero dell'Istruzione ha investito oltre 21 milioni di dollari nei programmi di istruzione bilingue nelle università di tutto il paese. Si vuole così rivedere il metodo di apprendimento della lingua inglese, per cui gli studenti generalmente trascorrono una quantità sproporzionata di tempo a memorizzare vocaboli senza riuscire ad avere una conversazione fluente. Un problema che invece non ha Singapore.

SINGAPORE, FINO A 18 ANNI PAGA LO STATO

Sin dalle elementari, l’inglese è lingua di insegnamento nella gran parte scuole della città-Stato. Singapore si concentra molto sul sistema di scolastico e universitario, dal momento che la sua economia si basa su una forza lavorativa altamente qualificata. Recentemente il governo ha introdotto misure per sostenere economicamente le famiglie che hanno poca possibilità di investire nella formazione dei figli, con particolare attenzione alle minoranze etniche. L’obiettivo è stringere la forbice della disparità economiche e sociali, già esistenti per la particolare varietà etnica di Singapore, senza lasciare indietro nessuno. Gli studenti dai 6 ai 16 anni hanno a disposizione il conto Edusave, al quale il governo contribuisce con fondi per poter investire nell’istruzione e formazione scolastica. Le famiglie così vengono sollevate da un’ingente spesa economica. Con i fondi dell’Edusave, calcolati in base al reddito familiare, vengono coperte le tasse scolastiche e altre spese per gli studenti delle scuole statali o private sovvenzionate dal governo.

Questo modello finanziario, che permette a Singapore di distinguersi tra i paesi OCSE per l'alta percentuale di studenti con un rendimento elevato, potrebbe essere uno strumento a cui i governi della regione possono guardare per vincere la sfida della disuguaglianza sociale derivante dalle diverse opportunità di formazione scolastica e universitaria.