«Il Giappone, senza dubbio», Ercole Botto Poala non ha un attimo di esitazione. Il Sol Levante ha un posto speciale nel suo cuore e non appena arriva a Tokyo Station, il quartiere dove si trova l’ufficio di corrispondenza della Successori Reda, anche sulla sua tavola. Tempura, sashimi, shabu shabu… «sono un goloso, questi piatti li adoro». Da amministratore delegato della Reda trascorre 120 giorni all’anno all’estero: viaggi di lavoro estenuanti, la valigia sempre pronta. Europa, con Germania in testa, Stati Uniti, costa orientale e occidentale, Cina, Australia e Giappone, appunto, la sua meta preferita: «Amo la precisione e la puntualità dei giapponesi, la loro buona educazione, discutono senza mai scomporsi. Sono l’opposto di noi italiani, forse per questo siamo attratti gli uni dagli altri, in fondo ci compensiamo». Trova affascinante anche la Nuova Zelanda, per i suoi spazi, la sua natura: «È un Paese rilassante, magico».
Ercole si avvia al cinquantesimo compleanno con alle spalle quindici anni da timoniere dell’antico Lanificio Carlo Reda, fondato nel 1865 a Valle Mosso − piccolo comune del distretto tessile biellese − poi denominato Successori Reda, di proprietà della famiglia Botto Poala da cento anni tondi tondi. Sposato, due figli; conciliare così tanti viaggi di lavoro con i tempi della famiglia non è semplice: «Anche quando vado dall’altra parte del globo cerco sempre di tornare per il fine settimana. Per fortuna ho una moglie molto presente e comprensiva, ed è fondamentale».
D’altronde il mercato del tessile, settore in cui il marchio Reda eccelle con i suoi tessuti di lana merino, è fatto così: secondo Confindustria Moda il 2018 si chiuderà con un fatturato globale dei tessuti made in Italy sostanzialmente stabile a 7,86 miliardi, con il Vecchio Continente in contrazione (-3,4%) e un export verso i paesi extra-Ue in salita (+2,9%), con Cina (+3%) e Hong Kong (+6,1%) in volata. Prendere l’aereo è d’obbligo se si vuole che l’azienda cresca. E i viaggi di Ercole Botto Poala hanno fatto centro. Nel 2017 il marchio ha recuperato la flessione degli anni della crisi globale, superando i valori del 2005 e nel 2018 il bilancio si è chiuso con un fatturato in crescita dell’8% a 115 milioni di euro. Ovviamente l’export la fa da padrone: l’82% dei ricavi della Reda provengono da oltre frontiera e di questi il 40% dagli Stati Uniti e dall’Asia. E proprio dall’Asia è arrivata l’ultima soddisfazione per i produttori italiani. La quindicesima edizione di Milano Unica, fiera di riferimento dei tessuti e degli accessori di alta gamma per l’abbigliamento, di cui il timoniere della Successori Reda è presidente, ha registrato lo scorso marzo a Shanghai un balzo del 20% dei visitatori e un +9% degli espositori.
Ercole, dunque, gira il mondo come una trottola. Il vero viaggiatore all’interno della Reda non è però lui. Ma il filo di lana. Che lega insieme un secolo e mezzo di storia, una comunità di artigiani ai piedi delle Alpi biellesi, una fattoria di pecore dall’altra parte del mondo e persino l’innovazione e la tecnologia che permettono a quel filo di trasformarsi in un abito da sartoria oppure, letteralmente, in una tuta da astronauta. Di fondo, sempre, i valori aziendali della Reda tramandati da padre in figlio.
Il passaggio generazionale nell’opificio dei Botto Poala non è sempre stato graduale. Albino e Francesco furono i primi proprietari della dinastia: Carlo Reda e la sua famiglia vendettero il lanificio ai due fratelli Botto Poala all’inizio del Novecento. Con la loro morte, improvvisa, toccò ai figli maschi di Francesco portare avanti l’attività. Luigi era il maggiore ma aveva solo 17 anni. Si fece aiutare dalla madre che, a detta della stessa azienda, ebbe un ruolo fondamentale nella gestione degli equilibri della famiglia e della società. Nel tempo, vista la loro giovane età, entrarono in fabbrica gli altri quattro fratelli di Luigi. Iniziarono tutti da operai. Dovevano conoscere ogni cosa dell’organizzazione del lavoro e del funzionamento delle macchine. Chi comanda alla Reda, deve essere preparato su tutto, e deve meritarsi il posto che ricopre. Ora le posizioni chiave sono in mano alla terza generazione, quattro cugini ben motivati a tenere alto il nome dello stabilimento. E il consiglio di amministrazione si è aperto a esperti in vari settori, per fare in modo che diverse competenze, dal marketing all’economia, possano contaminare con la loro modernità un’azienda affamata di conoscenza: «La proprietà resta in mano ai nostri predecessori, i patti sono sempre stati chiari, se non funzioniamo ci sbattono fuori», dice con un velo d’ironia Ercole Botto Poala. Ironia che si può permettere, visti i risultati. E visto che del doman non c’è certezza, guai a godersi gli allori che il presente riserva.
«Zio Luigi e i suoi fratelli ci hanno consegnato un’azienda eccellente, venuta fuori da una situazione molto difficile. Dobbiamo continuare a investire, perché anche nel nostro settore ci aspettano tanti cambiamenti, tutti inevitabili e a una velocità che non ha eguali nel passato».
Il Dopoguerra è stato duro ma anche l’alluvione del 1968 ha lasciato segni profondi, distruggendo tutte le fabbriche della Reda. Ma zio Luigi e i suoi fratelli si rimboccarono le maniche, investirono in innovazione tecnologica e ricerca, riuscendo così a distinguersi dai competitor per la qualità dei prodotti. Un insegnamento che è ben presente nella mente di Ercole e dei cugini. «Il cambiamento è inevitabile e dobbiamo essere in grado di coglierlo, se non di guidarlo. Globalizzazione, digitalizzazione, se non spaventano sono in grado di offrire grandi opportunità, che dobbiamo essere in grado di cogliere. Io sono ottimista», sottolinea Botto Poala.
Ma non tutto dipende dalle linee produttive che sfornano stoffe a getto continuo in Valdilana. Reda vanta clienti del calibro di Massimo Dutti, Ermenegildo Zegna, Hugo Boss, Ralph Lauren. Il loro successo è anche il successo della Reda. La loro capacità di innovarsi si somma a quella del lanificio che fornisce le morbide stoffe. Nessuno può permettersi di stare un passo indietro agli altri. Le macchine della Reda girano a pieno ritmo, con un 20% del lavoro affidato a terzisti: «Un cuscinetto importante per assorbire i picchi delle commesse». Innovazione, dunque, che per quanto strano possa sembrare, passa anche dalle pecore. Dal 1993 Successori Reda dispone di tre grandi fattorie in Nuova Zelanda: 33 mila ettari di terreno dove vengono allevati 30 mila capi che non sono importanti solo per garantire il rifornimento di materia prima di qualità: «Oggi è fondamentale certificare ai clienti la tracciabilità e la sostenibilità dei processi produttivi. E il lanificio Reda, grazie ai modelli utilizzati fin dall’allevamento delle pecore, è in grado di farlo», continua l’ad. Non solo. Il gruppo Reda è stato il primo lanificio al mondo a ottenere certificazione EMAS (acronimo di Eco-Management and Audit Scheme) sulle prestazioni ambientali. E ora, sottolinea la società, compie un ulteriore passo in avanti nel campo della sostenibilità con la stesura della Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EPD), un protocollo che certifica l'impatto ambientale che l’azienda genera per dare vita ai propri tessuti.
«Il peggior nemico della sostenibilità è il benessere, consumiamo più del necessario. − sostiene l’amministratore delegato della Reda − È necessario fare uno sforzo per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni e non solo per lasciare un mondo vivibile ai nostri figli, ma anche per migliorare la competitività dell’azienda. Se vuoi essere più competitivo devi essere più sostenibile». E per farlo, l’innovazione aiuta.
L’innovazione e la tecnologia non devono però sovrastare la tradizione artigianale, da sempre vanto del lanificio dei Botto Poala. I tessuti continuano a essere prodotti seguendo rigide regole tramandate di generazione in generazione, tutti made in Italy, avendo il controllo dell’intera filiera produttiva, fino ad arrivare allo stabilimento di Croce Mosso, da dove escono le stoffe pronte per essere consegnate alle sartorie di alta gamma ma anche ai privati. L’innovazione e la tecnologia, se rispettano i valori di fondo incarnati in una fabbrica con oltre 150 di storia alle spalle, possono portare lontano, un viaggio che inizia da un filo di lana lavorato nel Piemonte settentrionale e che arriva, come detto, fino allo spazio, visto che il lanificio Reda ha fornito le stoffe per vestire gli astronauti del progetto International Space Station della NASA.