«È compito della Repubblica, delle sue istituzioni e, per la sua parte, del Quirinale far vedere come la vita del nostro Paese si arricchisca continuamente, sotto ogni profilo, particolarmente sul versante culturale e artistico». È con queste parole che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto presentare “Quirinale Contemporaneo”, progetto in costante evoluzione, “fortemente voluto” dal Capo dello Stato all’interno di quel Palazzo, il Quirinale, che «insieme, raccoglie storia, patrimonio artistico e vita istituzionale che continua». Un punto di riferimento del nostro Paese, da sempre sede della massima magistratura dello Stato. Un luogo non a caso definito “la casa degli italiani” che, ha sottolineato il Presidente, «nel testimoniare il suo rapporto con l'arte, non poteva esaurire questa testimonianza dell'arte fino all'Ottocento».

Di qui la decisione di raccogliere al Quirinale alcune espressioni dell’arte contemporanea e del design: trentasei opere d’arte e trentadue oggetti di design offerte alla presenza e all'osservazione di ospiti, di visitatori, «di tutti coloro («e sono tanti» ha sottolineato Mattarella) che, giorno per giorno, frequentano il Quirinale». Un progetto in piena evoluzione destinato ad arricchirsi a mano a mano che affluiscono nel Palazzo le opere donate dagli artisti, dalle fondazioni e dalle aziende che le hanno offerte o concesse gratuitamente in comodato pluriennale.

«Nei giorni scorsi – ha sottolineato il Presidente – un ospite che visitava il Palazzo, vedendo queste opere, mi ha chiesto se ciò non turbasse l'equilibrio del Quirinale. Ho risposto che non abbiamo alterato, ma abbiamo integrato il suo patrimonio artistico, rendendolo al passo con il contributo che l'arte continua a fornire nel corso del tempo».

 

«Quando ci è stato chiesto – dice l’architetto Cristina Mazzantini che ha curato il progetto – di aprire il palazzo e renderlo più percepibile a tutti come fosse davvero la casa degli italiani, ci siamo trovati di fronte ad una problematica non semplice: questo è un luogo prezioso dove si conservano i valori cosiddetti “veri”, cosa che di fatto lo rende praticamente un museo. Non era tuttavia nostra intenzione dar vita ad un nuovo museo correndo così il rischio di creare una sorta di mausoleo; un risultato che davvero volevamo evitare. Il nostro sforzo è stato perciò quello di trasformare il museo-mausoleo in un medium, cioè in un qualcosa capace di comunicare per davvero l’identità italiana di oggi. Ma anche di renderlo più vicino a noi nel senso di casa e dell’abitare nell’Italia contemporanea: un luogo che non riguarda solo l’Italia dei nostri nonni, ma anche quella in cui si ritrovano oggi (e domani) i nostri figli». Un luogo vivo, dunque, vetrina che «vuole rappresentare quello che il nostro Paese ha fatto attraverso i suoi geni e la sua capacità produttiva negli ultimi settant’anni». Un’operazione, che ha preso il via all’inizio dello scorso gennaio, ma che è destinata a proseguire nel tempo con l’esposizione di nuovi oggetti e di nuove opere che si aggiungeranno a quelle già raccolte, superando non pochi vincoli poiché, tra l’altro, non sono stati chiesti prestiti da musei o da collezioni private. Al primo nucleo, presentato in occasione della Festa della Repubblica, si aggiungeranno così nel tempo nuove opere sempre nel rispetto del luogo, da sempre la sede naturale delle eccellenze italiane, in modo da fare del Quirinale lo specchio di un Paese in movimento. E così colmare una lacuna nella memoria: c’è da domandarsi perché infatti l’Italia repubblicana abbia atteso tanto per far entrare nel Quirinale i frutti dell’arte e della creatività del Bel Paese degli ultimi Settant’anni?

«Le ragioni sono diverse – risponde l’architetto – molto più che comprensibili. Ha contato, per esempio, in un certo momento, la presunta contrapposizione che si è voluta creare tra antico e moderno. Se si guarda a questo, dalle opere qui emerge, al contrario, un quadro di continuità: il nostro futuro affonda davvero le sue radici nel nostro passato». A scorrere il catalogo del “nuovo” Quirinale, affiora una sorta di fil rouge, una persistenza all’insegna della creatività che unisce la Venezia vista da Lucio Fontana all’immagine di Bisanzio secondo Alberto Burri.

Non è certo per caso, del resto, che le scelte effettuate per arredare «la casa degli italiani si siano articolate in due filoni: l’Arte, cioè l’espressione dell’eccellenza, e il Design, cioè la quotidianità, che probabilmente rappresenta il contributo più originale e riconosciuto della creatività italiana alla vita di ognuno di noi».

 

Gio Ponti e Molteni

«Il design – spiega l’architetto – è la forma più rappresentativa degli ultimi 70 anni del periodo repubblicano, che ha saputo raccogliere gli stimoli del consumismo, della globalizzazione e dell’innovazione tecnologica e fonderli in un prodotto democratico». Ma anche l’erede delle eccellenze dell’arte di casa nostra viene da pensare. «Quest’anno – nota la Mazzantini – il salone milanese è coinciso con le celebrazioni per la nascita di Leonardo.  Molti critici hanno avvicinato il modo di operare di Leonardo ad un designer, rilevando la sua natura di artista concettuale per cui era più importante il progetto e l’idea rispetto alle macchine in quanto tali. Artista e intellettuale che concepiva i dipinti come dispositivi di pensiero prima che virtuose rappresentazioni. In questo senso il paragone regge perché il designer progetta, poi l’esecuzione materiale può essere affidata alla fabbrica che porta poi l’oggetto nelle case, consentendo, secondo Vico Magistretti, quel connubio straordinario quasi miracoloso, tra aziende che hanno lavorato sull’intreccio tra innovazione, tecnologia la creatività. La stessa composizione che ha reso le nostre università e le nostre scuole di design le più apprezzate del mondo».

Non a caso, tanto per ribadire che il Quirinale è la casa degli italiani, non devono stupire nello studio del presidente elementi di arredo e oggetti illuminotecnica (opere di Tobia Scarpa, Giò Ponti, Fornasetti, Davide Grotti e lo stesso Magistretti), che migliorano la qualità e la funzionalità del vivere quotidiano, una missione che gli italiani hanno svolto nei secoli e continuano a svolgere. Anche se talvolta lo dimenticano.