Ho creduto che il modo migliore di pensare all’indipendenza e al mondo che si staglia davanti a noi fosse di riproporre questo testo di Norberto Bobbio “Una nuova Resistenza” datato 10 novembre 1962[1] in cui risplendono i valori della Resistenza che il grande filosofo torinese ha sempre chiesto strenuamente di recuperare e fare nostri in una chiave contemporanea della società e del tempo.

In fondo quel che mi chiedete è l’avvio di un colloquio tra la vecchia e la nuova generazione. Un colloquio apparentemente facile. Generalmente c’è contrasto tra generazioni e generazioni. E invece qui c’è continuità (non direi identità). Forse dipende dal fatto che noi siamo arrivati tardi alla maturità. È inevitabile un raffronto tra quello che siete voi oggi e quello che eravamo noi alla vostra età, trenta o trentacinque anni fa. Il fascismo era al potere. […] Le cose ora sono profondamente mutate: viviamo in una democrazia, difficile, se vogliamo, ma proprio perché difficile, non ci permette di cadere in letargo. Occorre una continua vigilanza. Credo sia sostanzialmente questo lo stato d’animo dei giovani che creano un movimento come Nuova Resistenza. I pericoli sono due: il pericolo scoperto, il fascismo; il pericolo coperto, sotterraneo e per questo forse più insidioso l’apatia, l’indifferenza, persino al proprio particolare. Penso che dobbiamo difenderci più dal secondo che dal primo. Il fascismo è un fenomeno di regressione storica, di cecità, di totale incomprensione delle grandi trasformazioni della società di oggi. L’apatia, al contrario, è un fenomeno di troppo facile, comodo adattamento agli aspetti più attraenti, ma meno profondi della società di oggi. Non ideali superati ma ideali ristretti, orizzonti limitati, la carriera. Già i fascisti sono degli spostati. Gli apatici sono ormai troppo bene al loro posto, e non vogliono essere costretti a guardare al di là del loro naso. Occorrono nuovi ideali. Ma i nuovi ideali sono ancora quelli della Resistenza. per questo voi vi richiamate alla nostra lotta. Perché si intende non un movimento di opposizione al fascismo ma il movimento attraverso cui è risorta la fede nella democrazia nel mondo. La Resistenza è continuata nella lotta dei popoli coloniali. Per me è Resistenza la lotta in tutto il mondo per la pace, contro la politica di potenza che minaccia la pace di tutti. Una delle aspirazioni più profonde degli uomini della Resistenza fu che gli orrori della guerra fossero risparmiate alle generazioni future. Oggi ha senso parlare di nuova Resistenza solo se si accolgono dalla Resistenza al fascismo gli ideali positivi e si cerca di portarli innanzi. Il grande ideale della Resistenza fu la democrazia, nel senso che ciascuno ha la sua parte, deve avere la sua parte nel governo della società, e deve assumere tutta intera la responsabilità di questa parte che gli spetta. Allora continuiamo a ripetercelo: la democrazia futura dipende dalla energia, dalla serietà del nostro impegno. Ma eravamo una minoranza. E lo siamo ancora. […] Le sorti della democrazia in Italia sono affidate alle nuove generazioni, all’impegno democratico delle nuove generazioni. Che cosa significa impegno politico? Tre punti:

  1. Rendersi conto che qualsiasi nostra azione ha un valore politico. Non possiamo sfuggire alla politica. Non c’è bisogno di fare della politica per la politica. La politica si fa sempre qualunque cosa facciamo che abbia un riflesso nella realtà. Ciascuno nel proprio mestiere: i problemi tecnici sono anche proBlemi politici. […]
  2. Conoscere il mondo che ci circonda con una cultura non dilettantistica. Riformarsi reciprocamente. Studiare problemi. Vedremo magari un solo problema in un anno ma approfondendolo. Se non vi ponete temi precisi vi disperderete.
  3. Far valere i propri diritti, dovunque siano minacciati. Resistere contro ogni tentativo di conformismo. Tenere sempre in allarme lo spirito della democrazia.

Con la prima forma di impegno si combatte l’apatia, col secondo ogni forma di irrazionalismo che alimenta il fascismo; col terzo lo svuotamento dello spirito della democrazia attraverso l’adattamento. Impegno politico è anche impegno morale. Queste cose le andiamo ripetendo da tempo. Le abbiamo sempre dette. […] Prendiamo coscienza della svolta. Finite le guerre di liberazione coloniale in pochi anni. Il mondo va verso l’unità. O l’unità o la catastrofe. I fascisti fanno ridere. L’impressione è di essere tutti in una sola arca dopo il diluvio. Si aprono innanzi a noi problemi immensi, e lo sviluppo della scienza ci aiuta a risolverli. Con particolare riguardo all’Italia voglio pensare i giovani prendono coscienza dello scarto tra gli ideali e la realtà. Le istituzioni in Italia sono vecchie e il costume è ancora da rinnovare. Siamo tremendamente indietro. I due moventi che spingono i giovani a riunirsi: a) consapevolezza dell’ora decisiva; b) spirito di rinnovamento. Che i giovani manifestino questo loro stato d’animo attraverso le nuove associazioni è un buon segno. Purché, si intende, alle intenzioni succedono i fatti, le prove. Ma sono sicuro che manterrete le vostre promesse.

 

[1] Contenuto nel libro, “Eravamo ridiventati uomini. Testimonianze e discorsi sulla Resistenza in Italia 1955-1999”. A cura di di Pina Impagliazzo e Pietro Polito. Einaudi