Se negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso si voleva cogliere l’essenza dell’ascensore sociale un indicatore sicuro c’era, eccome: bastava veder parcheggiare sotto casa o entrare in garage una Alfa Romeo Giulia Gt o una Lancia Fulvia Coupé. Erano i termometri sicuri non solo di un reddito certo che si lasciava molto alle spalle i sacrifici dei genitori ma anche di uno stile di vita diverso, sportivo e moderno. Voleva dire che si era giovani e si andava veloci, che la famiglia o ancora non c’era o aveva un solo figlio. Rispetto ad un parco macchine fatto di sole utilitarie, erano le Gt e le “fulviette” a far sapere che ci si poteva permettere di più, con le prime a spadroneggiare, consapevoli di venire direttamente dalla capitale del boom economico, dalla Milano che ne era piena, mica come oggi che nella città più ricca d’Italia si vedono solo Audi e Porsche, anche se recentemente, e finalmente, il Biscione ha battuto due colpi riusciti con la nuova Giulia e il suo primo Suv, Stelvio.
La rivale Lancia incarnava solo in parte lo spirito del tempo, perché meno “bauscia”, con abitabilità minore, con un posizionamento di mercato che solo con l’esordio della Hf, oggi richiestissima, diventa più marcatamente sportivo trainando meglio anche le versioni base, tra cui la 1300 che si chiamava Montecarlo e della vincitrice dell’omonimo rally aveva solo il cofano dipinto di nero e poco altro. Ma l’eleganza c’era tutta: Piero Castagnero la disegna ispirandosi al motoscafo Riva, con plancia in vero legno, 1216 di cilindrata, 80 cavalli, 4 marce, 950 chili per 160 chilometri orari. Nel ‘66 la potenza sale a 88 cavalli, nel ‘68 arriva l’HF che ne ha 101 e nel 1968 si arriva alla “fanalone”, con i fari interni più grandi di quelli esterni, sempre 1300. L’anno dopo Cesare Fiorio, indimenticato capo del reparto corse Lancia, riesce a mettere in campo l’Hf “fanalone” 1600, con 120 cavalli quella di serie e 160 quella da corsa e nel 1972 l’Hf vince il campionato del mondo Rally. La produzione cessò nel 1976, in tredici anni ne furono costruite 140.454, di cui 6419 Hf, numeri che spiegano la quotazione tuttora molto bassa delle prime (nonostante l’intatta eleganza) e il valore della seconda, oggi ben oltre i trentamila euro, con punte ancora più importanti per gli esemplari che hanno una storia corsaiola. Se la Lancia vinceva nei rally (e dopo La Fulvia Hf saranno Stratos e Delta Integrale a rinnovarne le glorie), le Giulia vincono nelle corse con le GtA, quelle che oggi nella versione base 1300 valgono da duecento a trecentomila euro e che hanno quotazioni ancora più alte nelle versioni 1600 e 1750.
E pensare che tra fine anni 70 e primi anni 80 del secolo scorso erano solo delle macchine usate che andavano messe a punto con cura per poterle utilizzare tutti i giorni e costavano due-tre milioni dell’epoca in ottime condizioni, mille-millecinquecento euro di oggi.
Il fatto è che, allora come oggi, spopolavano nelle corse in tutta Europa, oggi evidentemente nelle corse riservate alle auto della stessa generazione. Si distinguevano per il mitico Quadrifoglio verde sulla fiancata e per il volante in legno, oltre che per il motore più spinto, erano dei veri e propri marziani rispetto alle utilitarie. Eppure, costavano meno di tre volte il prezzo di una 500, un rapporto a ben vedere non eccessivo e comunque inferiore a quello che lega oggi una “piccola” e una sportiva paragonabile alle Giulia Gt e GtA dell’epoca.
Non a caso anche i prezzi delle versioni normali (uno “scalino” 1600, così chiamato per il disallineamento del cofano anteriore che in origine doveva contenere una presa d’aria, viaggia ben oltre i trentamila euro) sono schizzati in alto nel giro di pochi anni: un coupè 1750 prima serie viene scambiato a non meno di 50 mila euro, così come sono schizzati in alto i valori del 2000 con i cerchi “millerighe”, triplicando o quadruplicando il proprio valore nell’ultimo quinquennio a causa di una forte richiesta internazionale (in Giappone e in Germania impazziscono per le Alfa d’epoca) e, anche, della possibilità di poterle usare tutti i giorni.
Disegnate in caserma nel 1963 da un giovanissimo Giorgetto Giugiaro mentre faceva il militare e aspettava che Nuccio Bertone riuscisse ad evitarglielo, riprendevano le linee della coupè 2000 Sprint con la quale il genio dello stilista si era disvelato, disegnando per la prima volta un’auto in cui il faro anteriore non generava la fiancata. E pensare che Giugiaro, successivamente autore di alcune tra le auto più belle del mondo e di due tra le più vendute al mondo (Wolkswagen Golf e Fiat Panda), solo qualche anno dopo potè permettersi l’acquisto per uso personale di una Giulia Gt 1300. Mentre in quegli anni e nel decennio successivo le Gt del Biscione spopolavano: Luigi Tenco aveva un 1600 “scalino”, Rita Pavone girava l’Italia per cantare alle feste estive dei paesini del Sud con la sua 1750 coupè color rosa. E Pierpaolo Pasolini trovò la morte all’Idroscalo di Ostia travolto dalla sua “dumila” (in romanesco ammirato) grigia targata Roma K69996.
Nella gamma delle Fulvia e delle Alfa Gt c’era anche la versione Zagato: quella della Lancia nacque nel 1965 e restò in listino fino al 1972, era più veloce per via dei diversi rapporti al ponte pur avendo lo stesso motore ed aveva una carrozzeria “fastback” in alluminio. L’Alfa Zagato venne invece prodotta con le motorizzazioni 1300 e 1600 della Giulia coupè dal 69 al 75 in soli 1510 esemplari. Entrambe sono molto richieste dai collezionisti e hanno quotazioni tra i 50 e i 60 mila euro.
Per molti, siano essi sessantenni che le hanno ammirate da ragazzi o trentenni che ne conoscono la storia e il fascino, si tratta spesso del primo passo verso il collezionismo d’epoca. E si tratta anche di un investimento ben indirizzato perché la platea degli affezionati alle due auto più popolari del boom economico dell’Italia è vasta, perché sono perfettamente gestibili anche da meccanici non specializzatissimi, hanno freni a disco e tenuta di strada impeccabile. In definitiva, hanno il profumo di un’epoca dove le speranze per il futuro erano minori delle preoccupazioni e soprattutto viaggiavano su quattro ruote griffate Alfa e Lancia.